martedì 28 dicembre 2021

Origine dei modi di dire: L'AMICO FRITZ

Una delle espressioni più diffuse nella nostra lingua, da nord a sud del paese, è "l'amico Fritz". Quante volte abbiamo fatto riferimento a qualcuno definendolo "l'amico Fritz"? Si tratta di un modo di dire che si usa per parlare di qualcuno a noi noto senza però chiamarlo per nome, in un certo modo al contrario di "pincopallino", che invece è utilizzato per parlare di un individuo qualunque. Oggi viene utilizzato in tutte le situazioni, con tono abbastanza neutro, come appellativo scherzoso senza un particolare significato, ma in origine designava un personaggio con particolari caratteristiche, eccentrico, estroso o comunque speciale, oppure, ironicamente, un personaggio che vanta quelle stesse caratteristiche senza però averle.

Ma da dove viene questo modo di dire? Come molte espressioni idiomatiche della nostra lingua, anche questa trova origine nell'opera lirica. Nello specifico, L'Amico Fritz è il titolo di una commedia musicale scritta da Nicola Daspuro e musicata da Pietro Mascagni, a sua volta tratta dall'omonimo romanzo, poi divenuto dramma, della coppia Erckmann-Chatrian. Lo scapolo Fritz Kobus, ricco e generoso possidente ma restio a contrarre matrimonio, scommette con l'amico David che quest'ultimo non riuscirà mai a convincerlo a sposarsi. Ma quando conosce Suzel, figlia del suo fattore, presto finisce per innamorarsiene. Per non venir meno alla sua fama di scapolo d'oro, Fritz tiene inizialmente celati i suoi sentimenti. Quando però viene a sapere che Suzel è promessa sposa ad un uomo che non ama, non può più tratenersi e confessa il suo amore e l'intenzione di volerla prendere lui per moglie. David ha dunque vinto la scommessa, ma ne cede il ricavato a Suzel come dono di nozze.

(per gentile concessione di Euterpes Domus)

domenica 16 maggio 2021

Etimologia delle parole: CORNO INGLESE


Già conosciuto nel XVIII secolo come sviluppo dell'oboe da caccia barocco, il corno inglese ebbe grande diffusione a partire dal XIX. Si tratta di un oboe contralto, tagliato una quinta sotto rispetto a quello ordinario, ma con caratteristiche costruttive che ne distinguono decisamente il timbro, più rotondo e meno incisivo, da quello del suo fratello più piccolo. Ma che cosa avrebbe di inglese questo strumento da valergli questo nome? In realtà, è molto probabile che l'aggettivo inglese provenga da una errata interpretazione del francese anglé (angolato), che ha la medesima pronuncia \ɑ̃.ɡle\ di anglais (inglese): questo perché, in origine, il corno inglese aveva una forma appunto "angolata". L'errore si è pepetrato nel francese stesso (dove appunto è chiamato tuttora cor anglais) per poi diffondersi nelle altre lingue (ing. english horn, ted. englicshhorn, rus. Английский рожок etc...).

(per gentile concessione di Euterpes Domus)

sabato 15 maggio 2021

Etimologia dei nomi di luoghi: DOLOMITI


I Ladini hanno chiamato per lungo tempo le Dolomiti "lis montes pàljes" (i monti pallidi), per il loro colore chiaro, che contrasta con quello più cupo dei monti vicini. Secondo una leggenda ladina, sarebbero stati i Silvani, i nani dei boschi e delle caverne, a rendere più chiare le rocce, filando i raggi della Luna per tessere poi, intorno alle cime, una rete sottile e luminosa. L'avrebbero fatto perché la figlia del Re della Luna, sposa del Re delle Dolomiti, non avesse nostalgia del suo mondo lontano, perennemente bianco e lucente. E le stelle alpine sarebbero un dono della principessa portato dalla Luna.

Il nome "Dolomiti", invece, nato poco più di duecento anni fa e divenuto popolare solo all'inizio del Novecento, non ha un'origine altrettanto poetica. Nel 1789 il marchese Déodat de Dolomieu compì un viaggio di studio nel Tirolo meridionale; lungo la strada fra Trento e Bolzano raccolse campioni di una roccia chiara, simile al calcare ma che, a differenza di quest'ultimo, non reagiva quando veniva bagnata con acido cloridico. Si scoprì che i campioni erano composti di un minerale quasi sconosciuto, un carbonato di calcio e magnesio al quale fu dato il nome di "dolomite", in onore del marchese, mentre "dolomia" fu chiamata la roccia di colore chiaro che lo conteneva. Quando, nella seconda metà dell'Ottocento, i primi turisti e alpinisti inglesi scoprirono il fascino dei monti sudtirolesi, nei loro resoconti di viaggio iniziarono a scrivere di "Dolomite Mountains", "Dolomite district", "Dolomite region", da cui deriva il nome dell'intera area.

A rendere peculiare il paesaggio dolomitico, però, è soprattutto il fatto che la dolomia si trova raccolta in imponenti gruppi isolati e circondati da ampie valli, la cui origine è molto lontana nel tempo. Circa duecento milioni di anni fa, in un mare poco profonto, dalle acque calde e agitate, si formarono scogliere coralline: poiché il fondale si abbassava lentamente, i coralli, le alghe e miriadi di altri piccoli organismi continuavano a innalzare le loro costruzioni per restare vicini alla luce, come sta accadendo ora negli atolli del Pacifico. Le rocce che nascevano da quel brulichio di vita erano calcari e dolomie, che raggiunsero uno spessore di centinaia di metri.

Successivamente le acque divennero torbide per l'entrata in attività di numerosi vulcani: coralli e alghe si estinsero e furono ricoperti da lave e tufi. Quando il mare tornò limpido, si formarono altri calcari e dolomie, e tra una scogliera e l'altra si depositarono  rocce più tenere, come marne e arenarie. Quando la catena alpina si innalzò, queste formazioni emersero dal mare e lentamente l'erosione liberò dal mantello di altre rocce le scogliere, che ora si ergono alte e isolate a formare i "gruppi monolitici".

Solo al tramonto, nei giorni sereni, le cime si addolciscono, illuminandosi per pochi attimi di un caldo colore rosato che incanta da sempre i viaggiatori come gli abitanti del posto. Un'altra leggenda ladina racconta, infatti, che un tempo lì si trovasse il regno dei nani, ricco di favolosi tesori, e che sulle vette fiorisse un giardino di rose rosse. Finché un giorno il re Laurino, per salvare il proprio popolo dall'invidia degli altri, pietrificò il roseto in roccia grigia, «perché non fosse più visibile, né di giorno né di notte». Ma re Laurino, nel suo incantesimo, dimenticò il crepuscolo, che non è più giorno e non è ancora notte; da allora al tramonto, per un breve attimo, rivive il "giardino delle rose". Ed è proprio così: il tempo ha operato un incantesimo sulle Dolomiti, cristallizzando per sempre un giardino di coralli.

(Tratto da Mario Tozzi, Viaggio in Italia - 100+9 emozioni da provare almeno una volta prima che finisca il mondo, 2009, DeAgostini)

giovedì 13 maggio 2021

Etimologia dei Dialetti: BAUSCIA

Milano è considerata la città italiana degli affari per eccellenza. Centro industriale e imprenditoriale prima ed ora finanziario, ancora oggi, nonostante il suo lustro conosca ormai da decenni un forte declino, richiama alla mente una città dinamica, aperta e moderna. Di queste caratteristiche i milanesi ne sono sempre stati consapevoli e spesso ne hanno fatto sfoggio anche ben oltre i loro effettivi meriti. E, come spesso accade, per esprimere appieno questo atteggiamento orgoglioso che può scadere facilmente nella boria e nella superbia, più che all'italiano si deve ricorrere al dialetto, milanese in questo caso, dove esiste una parola specifica:
 bauscia (scritto anche baüsciapronuncia /baˈyʃa/). Il significato di questo termine è appunto "fanfarone", "spaccone": si diceva un tempo di quegli imprenditori che si vantavano impropriamente di avere uno spiccato senso per gli affari ed ora, per estensione, a tutti i milanesi e i lombardi che vantano ingiustamente qualità superiori che spesso non hanno.

Se chiedete a un milanese di spiegare l'origine di questa parola, vi dirà senza ombra di dubbio che il suo significato autentico è "bava", "saliva" (da cui derivano anche sbauscià, "sbavare", bauscina, "bavaglina per bimbi" e consimili): il bauscia, per analogia, è dunque colui che annega nella bava prodotta dalla sua boria e dalla sua superbia. "Chi si loda si imbroda" quindi, o, per meglio dirla alla milanese, "el se sbauscia adòss".

In realtà l'etimologia di questo termine sembrerbbe derivare da un termine longobardo che significava in origine "gonfiarsi" (cfr. tedesco bauschen). Stando così le cose, dunque, sarebbe proprio il fanfarone ad essere il bauscia, cioè colui che si "gonfia" della sua boria e solo per estensione venne poi associato alla bava che produce sperticandosi nelle mirabolanti autocelebrazioni di sé stesso.

Una curiosità. Negli anni bauscia è venuto designando i tifosi dell'Inter, una delle due squadre calcistiche di Milano, proprio perché storicamente a questa tifoseria appartenevano figli di papà e ricchi industriali, in contrapposizione a casciavìt (cacciaviti), che designava invece i tifosi del Milan, l'altra squadra, fra cui si annoveravano invece i proletari e gli operai.

lunedì 10 maggio 2021

Etimologia delle Parole: COGNATO o COGNATA

 


Parliamo un po’ di parentela.
Sappiamo bene tutti che il “Cognato” o la “Cognata” è il fratello o la sorella del proprio coniuge, parente non consanguineo acquisito tramite matrimonio.

Ebbene, non è sempre stato così. In origine i Romani facevano una distinzione più accurata di questa figura e, addirittura, il cognato era un parente consanguineo, facente parte della stessa famiglia. L’origine del termine deriva infatti “co-“e “gnatus” (da natus), co-nato, nato insieme, quindi facente parte della stessa famiglia o nato dallo stesso progenitore.

Con il tempo si aggiunse un’altra distinzione: i cognati erano i parenti, sempre consanguinei ma da parte di donna mentre quelli della linea maschile venivano chiamati Agnati che dal latino “Agnatus” (participio passato di “Agnasci”) significa nascere vicino.

Oggi, già detto prima, la terminologia si è ridotta solamente al termine Cognato/Cognata che indicano quella parentela acquisita non più consanguinea tra i fratelli e le sorelle di due coniugi, dopo le nozze.