mercoledì 24 febbraio 2016

Etimologia delle Parole: CHIERICO


Siamo abituati a pensare al "chierico" come ad un membro del "clero" di una religione ed in effetti il termine è utilizzato prevalentemente per riferirsi ai membri del clero, ad esempio della Chiesa cattolica come i diaconi, preti, vescovi ecc... .
Ma non è sempre stato così, o almeno... non del tutto. La parola deriva dal termine latino tardo "Clericus" che a sua volta deriva dal greco κλῆρος (kleros) che significava "sorte, eredità" e poi in seguito "parte scelta e selezionata di fedeli".
Nel Medioevo infatti "clericus" poteva essere "l'ecclesiastico" come anche "l'intellettuale, il dotto o in particolare chi conosceva il latino" e si contrapponeva al termine "laico" che a sua volta poteva indicare tanto il cittadino "non ecclesiastico" quanto il "non letterato, colui che non conosceva il latino".
Quindi tra le due nozioni di "ecclesiastico" e di "dotto" c'era un forte legame se non addirittura una piena identificazione. Nel francese antico il termine "clerc" significava allo stesso modo sia "ecclesiastico" che "letterato" (da cui deriva poi anche "clergie", "sapere, istruzione").
Non è un caso dunque che oggi in francese "clerc" indica l'impiegato o collaboratore di un notaio o avvocato esattamente come l'inglese "clerk", proprio perché originariamente con tale termine si indicava l'idea di "persona istruita".
Anticamente era dunque giustificato il fatto che spesso intellettuali scegliessero di diventare "chierici" per puro senso opportunistico: potevano infatti usufruire di benefici ecclesiastici che consentivano loro di studiare, leggere, scrivere senza occuparsi del lato economico e senza necessariamente dover diventare ecclesiastici.
In teoria non era ammesso ma era infatti largamente tollerato che il "chierico" avesse storie d'amore o anche dei figli in alcuni casi. Petrarca ad esempio era un chierico ma anche Ariosto, Tommaso Campanella, Gian Battista Alberti, Pietro Metastasio o lo stesso Boccaccio in tarda età e come ben sappiamo sono autori che parlano di amori profani e a volte tormentati, riversano nelle loro opere pensieri e riflessioni spesso laiche e narrano di vicende spesso lontani da quanto ci si aspetterebbe "ecclesiasticamente".

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